Mai pensato a quanto siano bizzarri alcuni nomi della gastronomia italiana? Molti di questi hanno origini molto molto antiche… La loro denominazione è rimasta invariata nel tempo, noncurante di come avrebbe potuto risuonare ai giorni nostri. Qualche esempio? “Pasta alla Norma”, “strozzapreti”, “pinzimonio”… per citarne alcuni.
Oggi ne scopriamo tre:
1. Pasta alla Norma
Un piatto di pasta dai sapori tipicamente mediterranei a base di salsa di pomodoro, melanzane fritte, una spolverata di ricotta salata e qualche foglia di basilico. Questi gli ingredienti della pasta alla Norma.
La ricetta arriva direttamente da Catania, e sebbene numerose varianti della “pasta al sugo con melanzane” fossero già diffuse in tutto il meridione, questo piatto diventa fiore all’occhiello della città siciliana. Si trattava di un piatto senz’altro capace di creare una sinfonia per le papille gustative… ma sempre di una pietanza semplice e dai pochi ingredienti si trattava, allora perché ebbe tale successo?
Era il 26 dicembre 1831 quando “Norma”, opera in due atti di Vincenzo Bellini, debuttò per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano. Da quanto si racconta, uno chef siciliano creò un piatto per l’occasione, che fu servito la sera dell’esordio dell’opera, era proprio la pasta alla Norma. Ma non è tutto…la prima cantante soprano interprete di Norma si chiamava Giuditta Pasta.
Secondo un’altra versione, fu l’umorismo di Nino Martoglio, commediografo siciliano, scrittore e autore del settimanale satirico D’Artagnan, a coniare il celebre nome. Un giorno del 1920 si tenne un pranzo a casa Musco-Pandolfini, quando il piatto in questione fu portato ai commensali, Martoglio, colpito dal profumo e dalla bontà della pietanza siciliana, esclamò: “Signora, chista è ʼna vera Norma!” paragonandola all’ormai famosissima opera del noto compositore poco fa citata.
2. Spaghetti alla Nerano con Provolone del Monaco
Non chiamatela pasta e zucchine! Gli spaghetti alla Nerano, piatto tipico della cucina napoletana, nascono dalla strana collaborazione tra un’eccellente cuoca e un principe…
Siamo nei primi anni Cinquanta, nella piccola Baia di Nerano a Marina del Cantone, sulla Costiera Amalfitana. Luogo magico, chiamato terra delle sirene: è qui che un giorno il Principe Caravita, personaggio dell’aristocrazia napoletana conosciuto da tutti con il nome di “Pupetto di Sirignano”, sbarcò nel piccolo molo con un gruppo di amici per cenare nel ristorante Le Sirene di Maria Grazia, famosa per la sua ottima cucina.
Caravita era un vero personaggio, un animatore della vita mondana napoletana degli anni 50 (fu persino ispiratore di alcuni personaggi nella filmografia del mitico Totò), sfidato dagli amici entrò in cucina per preparare un piatto. Maria Grazia e le donne in cucina, divertite dalla scena, aiutarono il Principe Pupetto a fare un figurone creando il piatto di spaghetti più buono che i commensali avessero mai mangiato.
Pare che nella cucina di questo ristorante si provò anche ad aggiungere il Provolone del Monaco, un formaggio a pasta filata che acquista piccantezza in base alla stagionatura.
Tipico di Agerola, cittadina dei monti Lattari, il provolone veniva prodotto da alcuni pastori che, per recarsi a Napoli indossavano pesanti mantelli. Così la gente iniziò a soprannominarli “monaci”. Da qui il nome del loro formaggio, il Provolone del Monaco… una storia nella storia!
3. Puzzone di Moena
Il nome, certo, può far “spaventare” o sorridere, ma si tratta di un formaggio molto apprezzato dalla gente della ruralità montana: il sapore e l’odore accentuati del Puzzone, fino al piccante, servivano ad insaporire le pietanze povere a base di patate o polenta.
Tipico di Moena, piccolo comune italiano in provincia di Trento, il Puzzone di Moena deve il suo nome proprio all’odore penetrante, quasi di ammoniaca:
Siamo nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale, quando alcuni allevatori della Val di Fassa cominciano a lavare i formaggi con una pezzuola intinta in acqua e sale durante il lungo periodo della loro stagionatura in cantina. Un periodo che può variare dai due fino agli otto mesi.
Così facendo sui formaggi si creava una crosta che impediva il costituirsi di fermentazioni indesiderate, e conferiva alla forma un odore ed un sapore molto particolari. In ladino il suo nome, “spretz tzaorì”, ha il significato di “formaggio saporito”.
Infatti, contrariamente a ciò che il nome richiama, il Puzzone è un formaggio dal sapore piuttosto dolce, dal retrogusto amarognolo, che lo rende rinomato in tutta Italia.