Ogni regione ha le sue tradizioni in quanto a forme, sapori e termini… Ma vi siete mai chiesti per quale motivo il piatto che avete sentito nominare possieda proprio quel particolare nome o da quale assurda storia sia nato?
La verità è che molto spesso gli esperti del team di SecondChef, durante analisi e ricerche in ambito storico-gastronomico, ci riportano aneddoti talmente bizzarri… che abbiamo pensato “perché non dedicarci un articolo del Blog?!” Ecco allora, questa “puntata” tra miti e leggende più stuzzicanti della tradizione del bel paese è servita!
La storia del vitello tonnato
Sfatiamo subito un mito: il vitel tonnè, nonostante la pronuncia francofona, è un piatto italianissimo, di francese non ha proprio nulla… Si tratta di un piatto popolare che nasce in Piemonte nel Settecento, cucinato con gli avanzi della carne fatti lessare a lungo per ottenere morbidezza… e per provare a disinfettare la materia prima dalle molteplici contaminazioni dell’epoca.
Secondo il gastronomo Giovanni Ballarini la parola “tonnè”, che in origine doveva essere tanné, ovvero “conciato”, pasticciato è la chiave del malinteso: il vitello tonnato era aggettivato in questo modo non per la presenza del pesce ma perché veniva cucinato “alla maniera del tonno”.
A quel tempo nella ricetta non si trovavano né la maionese, né il tonno, ma solo acciughe e capperi che venivano aggiunte agli avanzi del vitello lessato perché ritrovasse un po’ del gusto perso. La prima ricetta di vitello tonnato, come lo conosciamo oggi, è datata 1891, e a scriverla è stato Pellegrino Artusi nella sua “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
Leggenda sulla genesi del tortellino
La più accreditata associa la creazione della celeberrima pasta ripiena al voyeurismo del proprietario di una locanda… Si narra infatti che nell’Osteria “Corona” di Castelfranco, in Emilia, l’oste avesse il vizio di spiare dal buco della serratura le sue giovani ospiti.
Un giorno alla locanda una donna bellissima, che qualcuno identificò nella Dea Venere, diede occasione al proprietario di sorprenderla senza abiti. Sbirciando dalla serratura l’uomo rimase tanto folgorato dalla bellezza dell’ombelico, che corse in cucina per cercare di ricreare la perfezione armonica dell’ombelico della dea strappando e riempiendo un pezzo di sfoglia. «imitando di Venere il bellico, l’arte di fare il tortellino apprese!»
“Artibotulo” medievale… con un ripieno a sorpresa!
Era il 13 maggio 1386, come attesta un atto notarile del XIV secolo, il giorno in cui i bergamaschi festeggiarono la cacciata del tiranno Bernabò Visconti, e lo fecero in grande stile: Si narra, infatti, che in Città Alta si tenne una splendida festa, a cui parteciparono più di 2.000 abitanti. Un cronista dell’epoca, il notaio Castello Castelli, riporta che quel giorno gli ospiti ebbero la possibilità di gustare più di cento timballi salati e circa trecento «taglieri ricolmi di artibotuli» altrimenti detti proprio… Casoncelli!
Durante il periodo medievale, il vocabolo “artibotulo” stava a indicare un insaccato in sfoglia di pane, oggi conosciuto invece come casoncello o “casonseo”, in dialetto lombardo. Si trattava di un piatto povero, nato dalla necessità di riutilizzare gli avanzi di carne bovina e suina.
La peculiarità dei Casonsèi, e ciò che oggi li caratterizza maggiormente da altri tipi di pasta, è proprio il ripieno, che dall’ 800 per qualche ragione inizia ad essere arricchito con amaretti, uva sultanina e scorza di limone (mentre risale a tempi più recenti l’aggiunta di spezie come noce moscata, cannella ed altre erbe aromatiche).
Non è del tutto chiaro chi ebbe l’idea di questo mix agrodolce…una leggenda afferma che il particolare ripieno sia dovuto al volere di un uomo avaro che, per santificare le feste, volle creare un unico piatto che unisse sia il salato che il dolce… fortuna che al condimento ci ha pensato qualcun altro!